Gustav Klimt Vienna 1862 - 1918 |
Fanciulle con oleandro
Il giovanile Fanciulle con oleandro è uno dei rari dipinti di Klimt in cui compaiano figure ambientate in un esterno. La natura, pur se pittoricamente reinterpretata, è reale e riconoscibile, non ancora trasfigurata in prezioso arabesco ornamentale come nelle opere della maturità. In Fanciulle con oleandro Klimt, non ancora trentenne, dimostra la sua completa padronanza dei mezzi pittorici: all’interno dell’elegantissimo formato a forte sviluppo orizzontale la composizione, scandita da precisi ritmi lineari, è perfettamente equilibrata; la fattura, nel sapiente accostamento di figure umane a elementi vegetali e architettonici, è superba. L’interesse di Klimt è in questi anni rivolto all’arte inglese dell’età vittoriana: ma al nitido e sensuale neoclassicismo si sostituisce, in Fanciulle con oleandro, una sognante evocazione densa di valori atmosferici, chiaramente influenzata dalla pittura preraffaelliana. L’evoluzione e la maturazione del linguaggio klimtiano si vanno compiendo rapidamente: diversi disegni di questo stesso periodo mostrano un’inedita attenzione per qualcosa che è al di là del puro dato oggettivo. È la rottura degli angusti limiti della pittura intesa come ricostruzione storica o come realismo “fotografico”; è la comparsa del mondo delle idee che, assieme a una tendenza alla stilizzazione decorativa già evidente nel contemporaneo Apollo, porterà Klimt nel giro di pochissimi anni nel pieno della poetica del simbolismo.
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iIl cappello nero
Il bellissimo Cappello nero si differenzia dagli altri ritratti di questo periodo per la totale assenza di decorazione e per le smorzate tonalità, che creano un raffinato gioco cromatico di bianco su bianco sul quale spicca la grande forma nera del cappello. In uno studio preparatorio il nero, colore raro in Klimt, invadeva anche l’abito della ragazza, che ancora non ha assunto l’affascinante naturalezza del suo pensoso atteggiamento.
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Ritratto di Adele Bloch-Bauer I
E' l’opera più sensazionale del “periodo d’oro” di Klimt e uno dei suoi capolavori in assoluto. L’effigiata, moglie di un facoltoso banchiere e industriale viennese e animatrice di un salotto letterario, è l’unico personaggio che Klimt abbia ritratto più di una volta: in quest’opera del 1907 e cinque anni più tardi, quando proprio con il Ritratto di Adele Bloch-Bauer II, ormai concluso il “periodo d’oro”, inaugura una nuova stagione, cromaticamente accesa e fiorita, della sua attività artistica. Forse la bella e colta signora ebrea ebbe una relazione con il pittore; e forse la medesima Adele è la modella della sensuale Giuditta I, della quale, nel ritratto del 1907, sembra indossare lo stesso grande collare barbarico. L’abbagliante e sontuoso ritratto del 1907 non nasce di getto: Klimt vi lavora fin dal 1903, studiando la posa della sua modella e soprattutto concentrandosi sull’effetto decorativo prodotto dalle fluenze dell’abito. Il risultato finale è tuttavia assolutamente inatteso: un’astratta superficie rutilante di decorazioni auree in cui del corpo di Adele sopravvivono di reale solo le mani e il volto.
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Il bacio
Apice del “periodo d’oro” , è indubbiamente l’opera più popolare di Klimt. Ciò che rende il Bacio un’autentica e splendida summa dell’arte di Klimt fino a quel momento, è il perfetto equilibrio con il quale i diversi aspetti del suo linguaggio vengono a comporsi: un equilibrio perfetto, ma al tempo stesso precario e sottile, tra il naturalismo dei volti e delle mani e l’astrattismo delle vesti, tra l’assolutezza del fondo d’oro e il brulicante prato fiorito, tra la forte carica erotica e il potente afflato cosmico. Isolati dal mondo in un abbraccio che è fusione sensuale e spirituale al tempo stesso, gli amanti del Bacio celebrano il trionfo del potere risolutore dell’eros, in grado di ridurre in estatica armonia i conflitti tra uomo e donna e tra persona e natura. Alla differente decorazione delle vesti dei due amanti, modulata sulle varie tonalità dell’oro, è affidato il ruolo di segnalare, all’interno della cosmica unione, l’irrinunciabile diversità dei sessi: secondo un codice simbolico ampiamente diffuso le forme dure e angolose, quali i rettangoli eretti, sono connaturate al mondo maschile; quelle morbide e curvilinee, quali i cerchi concentrici, al mondo femminile. Nella sua utopica visione della pittura come strumento di miracolose armonie, Il bacio è un’autentica sintesi estetica della cultura “fin de siècle”, con tutte le sue illusioni e le sue profezie, i suoi limiti e le sue conquiste.
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Danae
Nell’opera di un pittore dedito, come Klimt, alla celebrazione della donna e dell’eros attraverso l’uso privilegiato di un colore altamente simbolico quale l’oro, non poteva mancare la raffigurazione del mito di Danae. Danae era l’unica figlia di Acrisio, re di Argo. L’oracolo di Delfi predisse al re che non avrebbe avuto altri figli oltre Danae, e che il figlio di questa gli sarebbe stato fatale. Acrisio fece quindi costruire nel cortile del suo palazzo una stanza di bronzo sotterranea come una tomba, nella quale rinchiuse Danae, con una nutrice, affinché non potesse generare. Ma fu lo stesso re degli dèi che desiderò la ragazza: sotto forma di pioggia d’oro, Zeus penetrò attraverso il tetto nella stanza sotterranea, e fecondò Danae. La tomba divenne camera nuziale e dall’unione nacque Perseo. Ogni aspetto narrativo è assente, tutto si concentra sull’unico eterno momento della fecondazione: all’interno del formato quadrato del dipinto, la straordinaria corrente erotica assume un andamento ellittico; nella posizione fetale e nei tratti infantili della ragazza circola una sensualità dolce e appagata, quasi un desiderio prenatale di un erotismo dimentico e inconscio. Oro ed eros, in Danae, si congiungono e si cristallizzano nelle forme di un capolavoro fuori del tempo: «L’eros diventa icona». In nessun altro dipinto di Klimt la donna è così interamente identificata con la propria sessualità, una sessualità da cui l’uomo è escluso. Il principio maschile, ridotto in Danae al piccolo rettangolo nero confuso nella cascata della pioggia d’oro, apparirà con più corposa evidenza in un altro dipinto ispirato agli amori di Zeus, Leda. Ma, anche qui, la protagonista è persa in un inconscio e passivo stato di dormiveglia: e non è inutile ricordare che, all’inizio del secolo, il medico viennese Sigmund Freud aveva pubblicato L’interpretazione dei sogni.
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Signora con cappello e boa di piume
Contemporaneamente alla conclusione del “periodo d’oro”, il linguaggio di Klimt conosce una breve fase di transizione (1907-1909) segnata dal temporaneo abbandono degli stilemi decorativi e della brillante esuberanza cromatica dei dipinti precedenti. La Signora con cappello e boa di piume è un magnifico esempio di questa stagione. Libero dall’impegnativo compito di celebrare degnamente le dame dell’alta società viennese, nell’anonima Signora con cappello e boa di piume Klimt coglie tutta la seducente spontaneità di un’elegante giovane donna, quasi una mannequin vestita all’ultima moda, che sembra còlta nell’attimo in cui si allontana frettolosamente da un teatro o da un caffé viennese. Senza far ricorso a nudità o all’evidenza del corpo, ma con la sola forza del languido sguardo, delle rosse labbra affioranti dal boa di piume e della fulva chioma che esce dal largo cappello, Klimt fa dell’ignota signora una delle figure più sensuali della sua ricca galleria di personaggi femminili.
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La vergine
Flessuose apparizioni femminili si destano e languide si distendono, senza turbare il sonno della fanciulla che al centro della composizione, la testa reclinata da un lato e le braccia mollemente adagiate, sogna simile a splendida Danae. Cromatismi intensi e audaci contrapposizioni tonali s'associano a decorazioni sinuose che ondeggiano spinte verso l'alto; gli aranci si mescolano ai blu, i rosa ai verdi e i gialli "squillano" intensi: ogni tonalità acquisisce luce impastandosi al bianco. Il gruppo è sospeso in uno spazio vuoto e infinito, ma sembra ascendere sospinto da un dolce movimento spiraliforme.
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Ritratto di signora
Il Ritratto di signora fa parte di un gruppo di ritratti femminili eseguiti da Klimt negli ultimi anni della sua attività (1916-1918), alcuni dei quali rimasti incompiuti alla morte dell’artista: le altere e inaccessibili donne-idolo del “periodo d’oro” lasciano ora il posto a spigliate e argute donne moderne o a languide e distratte signore, come quella della collezione piacentina. Anche se il sanguinoso dramma della guerra mondiale sembra scalfire appena il sospeso e fiabesco mondo klimtiano, nei ritratti e nei molti disegni di questi anni il pittore dimostra una nuova attenzione per il volto e la sua espressività, con una caduta o almeno una estrema riduzione dell’elaborato contesto decorativo che, nelle opere precedenti, incastonava come gemme l’astratta ieraticità dei suoi personaggi femminili.
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Ritratto della baronessa Elisabeth Bachofen-Echt
La giovane donna ritratta era la figlia di August e Serena Lederer. August era un ricco industriale proprietario di una distilleria a Gyor in Ungheria e uno dei più importanti mecenati dell'epoca. Possedeva una vera e propria collezione delle opere di Klimt: circa venti quadri tra cui spiccava il Ritratto della moglie Serena pagato ben 35.000 corone. Nel ritratto di Klimt, Elisabeth appare vestita di bianco come la madre nel precedente dipinto, le mani inquiete e nervose ricordano quelle di altri ritratti, l'insieme degli elementi è placato dal ritmo più ampio e quieto della composizione. Klimt studia attentamente la caratterizzazione fisica e interiore della donna fino a ogni minimo dettaglio: persino le scarpette sono oggetto di grande attenzione. I ritratti dell'ultimo decennio svelano così una dimensione più intimista, un'attenzione per la psicologia dei personaggi e la loro interiorità che traspare dall'intensità degli sguardi.
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Ritratto di Friederike Maria Beer
Klimt chiese 20.000 corone per questo ritratto,. All'epoca Fräulein Beer aveva solo ventitre anni: figlia del proprietario di due noti ritrovi viennesi, era appena tornata da un viaggio intorno al mondo; apparteneva alla giovane “intelligencija” ebraica viennese e "adorava" la Wiener Werkstätte. Una fotografia conferma quello che la Beer diceva di se stessa in quel periodo: «Ero di bell'aspetto, giovane, interessata alla musica e all'arte. Cosa facevo a ventitre anni? Nulla! Solo vivere, andare al teatro, alle mostre e all'opera. In quel periodo ero talmente entusiasta per la Wiener Werkstätte che ogni singolo punto degli abiti che io possedevo era disegnato da loro. Quando comprai un appartamento per me tutti i mobili, persino i tappeti, era stati fatti da loro. Ero realmente una pubblicità vivente per la Wiener Werkstätte». La Beer, riferendosi al suo incontro con Klimt racconta: «Quando andai nel giardino della casa di Klimt a Hietzing ero preparata realmente a tutto, perchè sapevo quanto fosse eccentrico con quella barba e con quel suo andare vestito con abito da monaco e sandali!». Klimt accettò di farle il ritratto, le fece indossare abiti cinesi e giapponesi della sua collezione, ma infine la ritrasse con un abito realizzato per lei dalla Wiener Werkstätte. Per accentuare l'effetto decorativo la pelliccia venne rivoltata in modo che si vedesse la fodera: l'immagine della Beer si sovrappone così fino quasi a confondersi con lo sfondo ove dominano figure di guerrieri a cavallo ripresi non da un paravento, come sembrerebbe suggerire l'immagine, ma da un vaso che Klimt aveva nel suo studio. I colori bianco, nero e rosso che compaiono in alto a destra sono un riferimento alla bandiera nazionale austriaca e, in senso lato, alla prima guerra mondiale. Lo "stile fiorito" inaugurato da Klimt con il secondo Ritratto di Adele Bloch-Bauer permette all'artista di superare ancora una volta quell’horror vacui, prima nutrito degli ori di Bisanzio, poi dal misticismo tenero e sensuale dell'Oriente. |
Pesci d’oro Morbida e sensuale è la linea che disegna mollemente il corpo della maliziosa sirena in primo piano, la quale volgendo le spalle si mostra in tutta la sua fulgida bellezza, decisamente provocante. La chioma rossa la accarezza, creando un meraviglioso contrasto cromatico col pesce dalle scaglie d'oro luccicanti. Nel fondo variegato di pagliuzze d'oro e filamenti scuri si muovono altre sirene, una sembra scomparire, l'altra volge lo sguardo inquietante verso lo spettatore fluttuando con movenze molto simili a quelle di Pesci d'argento, ma anche della Nuda Veritas.
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Adamo ed Eva
In Adamo ed Eva non c'è più la coppia di amanti di Amore e Il Bacio, non c'è l'ardente passione e il desiderio dei corpi, ma un'atmosfera di appagamento dei sensi e soprattutto di armoniosa corrispondenza spirituale. La donna ha un volto addolcito nell'espressione e nell'opulenta rotondità, emerge da un piedistallo di fiori, il capo è reclinato da un lato e gli occhi cristallini sono ben aperti sul mondo. |