A, A Roma, come a Firenze e in tutta la Toscana, parlando non s'usa mai a quando la parola susseguente comincia per vocale, neppure se questa vocale è a. Es. Voi bbene a Adriano? Il volgo romanesco usa mettere una a innanzi alle parole che cominciano per consonante e raddoppiare la consonante medesima (p.es. abbendato, ammascherato, arrovinato). Il raddopiamento della consonante non ha luogo se la parola comincia per r seguita da i: ariposto.

Abbacchiaro, Venditore di abbacchi (V. Abbacchio).

Abbacchiasse, pleb., Abbacchiarse, civ., Abbattersi.

Abbacchiato-a, Abbattuto-a. Si usa a Roma questa parola anche da chi parla bene.

Abbacchiatura, Stagione in cui si macellano gli abbacchi: comincia in ottobre e finisce a maggio (V. Sbacchiatura).

Abbacchio, Agnello. A Roma si chiama abbacchio il figlio della pecora ancora lattante o da poco tempo slattato; agnello, il figlio della pecora presso a raggiungere un anno di età e già due volte tosato. A Firenze non si fa questa distinzione: l'uno e l'altro si chiamano agnello. A Roma la stagione degli abbacchi comincia in autunno e finisce in primavera; quella degli agnelli dura tutta la primavera: comincia a Pasqua di Resurrezione e finisce a San Giovanni, 24 giugno. Nell'estate non si trovano nè abbacchi ne agnelli.

Abbadà, pleb., Abbadare, civ., Badare.

Abbagnà, pleb., Abbagnare, civ., Bagnare.

Abbate, Abate, chiunque veste l'abito da prete. Passar per abbate. Rimaner ingannato specie nella compera di qualche oggetto pagandolo più di quel che vale. - Semel abbas semper abbas. Prov. lat. usato dalle persone civili. Colui che ha vestito una volta l'abito da abate, benchè se ne spogli, tiene sempre dell'abate.

Abbate Luviggi, Abate Luigi. Così si chiama una brutta statua posta in una nicchia d'un vicolo che sboccava quasi di contro alla chiesa del Sudario, detto "dell'Abate Luigi", vicolo ora demolito. La statua, mutilata e continuamente insudiciata da' monelli, dicono traesse la sua denominazione da un cappellano piemontese o savoiardo addetto alla chiesa sunnominata il quale era di fattezze assai brutte che avevano qualche somiglianza con il volto della statuta. Sul piedistallo fu posta questa iscrizione: Fui dell'antica Roma un cittadino/ Ora abbate Luiggi ognun mi chiama/ Conquistai con Marforio e con Pasquino/ Nelle satire urbane eterna fama./ Ebbi offese, disgrazie e sepoltura./ Ma qui vita novella e alfin secura. A. MDCCCLXXXVIII

Abbeccé, Abbicci.

Abbendato-a, Bendato-a. Con la benda agli occhi.

Abbièta, Bièda, Bièta. Bietola.

Abbìle, Bile.

Abbile, Abile.

Abbiliòso-a, pleb. Bilioso-a.

Abbilità, Abilità.

Abbioccasse, Mettersi a covare (V. Biocca).

Abbitino, Abitino, Scapolare.

A bòcca sòtto, Bocconi.

Abbòdi, Avvolti. Provature delicatissime di latte di bufala che si fanno a Piperno e che vengono a Roma avvolte, dieci per dieci, in foglie di mirto, che comunicano loro un odore aromatico gradevolissimo.

Abbonare, Condonare. T'avanzo sei lire? Dammene cinque e una te l'abbono.

Abbottà, Abbottare, Gonfiare.

Abbottaménto, Rimpinzamento.

Abbottato, Rimpinzato, Gonfiato.

Abbottatura, (V. abbottaménto).

Abbozzà, pleb., Abbozzare, civ., sopportare con pazienza.- E' un anno che abbozzo e nun vojo abbozzà più. - Nell'uso fior. significa accomodarsi, tirar via, non badare al sottile, come fa lo scultore quando dà i primi colpi al marmo. E' presso a poco il significato di Roma. A Roma il verbo abbozzare mi sembra caratteristico quando si usa coll'affisso: ci, ce: abbozzacce. - A cquesto nun c'abbozzo, Questo non lo sopporto - Abbozza Pompeo, modo prov., Soffri e taci.

Abbraccicà, Abbraccicare, Abbracciar forte. Possi morì abbraccicato ar prete, imprecazione usata dal volgo nei tempi passati. Che tu possa esse impiccato, ghigliottinato ecc. Essa venne da ciò che i condannati a morte ascendevano al patibolo fra le braccia del prete, loro confortatore il quale li accompagnava e li sorreggeva fino all'ultimo momento.

Abbruscà, Abbruscare, Arrostire, Tostare, anche abbruscolire.

Abbruscato, Arrostito, Tostato.

Abbruscolì, pleb., Abbruscolire, civ., Abbrustolire, Abbrustiare.

Abbruscolito-a, Abbrustolito-a.

A bbrutto grugno, Senza alcun riguardo, in modo risoluto.

Abbuffà, Abbuffare, Sbuffare, Soffiare per rabbia repressa. Anticamente si adoprava in forma attiva e significava coprire altrui il capo e il viso con un panno.

Abburrasse, Abburrarse, Inghebbiarsi. Me so' abburrato de maccaroni; Me so' abburrato de latte. Non si usa parlando di semplici bevande.

Abbuscà, Abbuscare, Buscare, Guadagnare; Toccar busse. - Aiutete, poeta, insino a Pasqua, ché doppo Pasqua 'gni poeta abbusca, modo proverbiale. Abbada che ciabbuschi. Bada che ne tocchi. - Nell'uno e nell'altro senso è parola che appartiene anche al dialetto napoletano.

'A bbuzzèffe, A bizzeffe.

A ccacarella, A bracaloni. Si dice propriamente dei calzoni e delle calze quando non si tengono ben succinte.

A ccacciastivali. - Che annamo, a ccacciastivali? Si dice a chi tenta di far passare un altro per gonzo.

Accadèmia, in senso fig., Confusione. E' un'accademia cquasi. Finimo 'st'accademia. Grazioso traslato che è una satira per le accademie.

Accallato-a, Accaldato-a.

A ccampanile. Dicesi di un sasso o di qualsivoglia altro oggetto pesante lanciato dal basso all'alto secondo la linea verticale.

A ccascà, In abbondanza, A iosa.

Accettòla, Piccola accetta. A Roma è voce comunissima. A Firenze usano soltanto accetta o mannarolo.

Acchiapparèlla, Giuoco di bambini.

Acchittà, Acchittare, Fermare, - Acchittarsi, Acchittarse, Acchittasse, Appollaiarsi. Metafore prese dal gioco del bigliardo.

Accia, Filo di lino o di stoppa o di canapa. Gugliata. - Accia del diavolo, Accia di filo lun ghissima. Narrano che il diavolo sfidò Sant'Omobono, sarto, a chi faceva più presto a cucire un vestito. Il diavolo, per non perder tempo ad infilar l'ago, faceva l'accia lunghissima, che però gli si impicciava ogni tanto; Sant'Omobono invece faceva l'accia corta, e tirava più via. Così il santo vinse il diavolo. Di qui è venuto che le nostre donnette dicono che le acce lunghissime sono le acce del diavolo.

Acciacccà, Acciaccare, Schiacciare e Gualcire. Acciaccare ad uno il pignolo... la tigna, il pulcino, modi bassi, Schiacciare la testa - Farsi acciaccare le noci in testa, modo prov. - Acciaccare una cosa, Abbuiare una cosa, Fare in modo che non se ne parli più.

Acciaccanóce, Schiaccianoci.

Acciaccapisto, Trambusto, Confusione, Calca di gente.

Acciaccato, Schiacciato. Si dice anche di persona malaticcia.

A cciccio, A proposito, esattamente. Si dice anche: A cciccio de sellero.

Accicòria, Accipicchia, Accipólla, Acciprèti, Accipretacci. Sono tutti eufemismi dell'interiezione Accidenti che molti credono sia una parolaccia. Al teatro, a tempo del governo pontificio, erano proibite le parole «accidente, accidenti» in qualunque significato. Si permetteva l'imprecazione Te piji un canchero, ma guai a dire Te piji un accidente. Una volta io intesi dir da un bigotto: Te piji un accidente in grazzia de Ddio. Forse questo modo sarebbe stato permesso in teatro, se in teatro si fosse potuto pronunziare il nome di Dio.

Accidente-i. Parola che a Roma s'applica a un numero indefinito di cose. E' un accidente, detto di un fanciullo, significa E' un diavolo scatenato. - Te piji un accidente a fidecommisso, cioè: Vincolato alla persona, che non lo possa nè vendere, nè impegnare, a ffarajolo, a ferraiolo (che t'investa tutta la persona), un acciccì co' la girandola (è come un accidente a ffarajolo cioè che ti giri intorno al corpo). Accidenti a cchi à raggione e ttu n'ài mille. Modo volg. Si dice ad uno che ha o che pretende aver ragione. - Accidenti al chirico. Modo volg. Si dice ad uno che, udendo pronunziare qualche parola che il prete dice sull'altare, soggiunge quelle che gli risponde il chierico. Dice uno: Per omnia secula seculorum. Risponde un altro: Ammen: E il primo subito: Accidenti al chirico.

Accimato, Azzimato. Agghindato.

Accimatura, Azzimatura.

Accòglie, Accoje, pleb., Cogliere, Colpire. Tirò una sassata e nun l'accorse.